Thomas Jacobson, Direttore Esecutivo della Campagna “Global Life”, ha monitorato per trent’anni con molta attenzione tutti i numeri effettivi degli aborti a livello internazionale dal 1920 ad oggi ed ha calcolato che il totale ha superato il 1 miliardo di vite eliminate.
Questo, sottolinea lo studioso, «rende l’aborto il più grande genocidio della storia», numericamente superiore all’Olocausto ebraico (6 milioni), al genocidio armeno (almeno 1 milione di morti), a quello cambogiano (1 milione di morti, pari a un quarto dell’intera popolazione), all’Holodomor ucraino voluto da Stalin (7 milioni, uno più dell’Olocausto) e a quello cinese (40 milioni di morti causati della politica agraria di Mao).
Il lavoro di raccolta dati coordinato da Jacobson ha coinvolto un gruppo di esperti a livello mondiale ed è durato ben 30 anni. Si tratta di una compilazione molto dettagliata condotta in oltre 120 Stati, arricchita da numerosi grafici, da statistiche approfondite e da analisi non solo quantitative, ma anche qualitative (cause che spingono all’aborto, età delle gestanti, caratteristiche sociali, etc.).
«Il prossimo obiettivo – spiega Jacobson – è quello di istituire un progetto pilota con un team di ricercatori per analizzare meglio quei Paesi in cui si hanno lacune nei dati, per riuscire ad eliminarle completamente».
Molto interessante è anche l’analisi della legislazione sull’aborto in 195 Paesi nel mondo: in 97 l’aborto è legalizzato, in 37 è limitato a casi particolati (gravidanza in seguito a stupro, grave malformazione del nascituro, pericolo di morte per la madre), negli altri è possibile solo in caso di pericolo di vita della gestante. «Ci sono quindi ancora 61 Paesi che riconoscono la sacralità della vita e vietano l’aborto: uno degli scopi della nostra organizzazione e della nostra ricerca è quello di aiutare le Nazioni pro-life a difendere le proprie leggi in merito, nella lotta per fermare quello che è – ripeto – il più grande genocidio della storia dell’umanità».
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