Il Consiglio d’Europa, in questi giorni, ha ripreso ufficialmente l’Italia per le norme, a suo parere, troppo restrittive sulla pratica dell’interruzione volontaria di gravidanza negli ospedali. Secondo l’organo europeo, in Italia viene leso il diritto alla salute, in quanto le donne incontrerebbero grandi difficoltà nella loro scelta di praticare l’aborto e nella possibilità di applicazione della legge 194/1978. Tutto è nato dal ricorso presentato all’Europa dalla Cgil, a difesa del personale medico non obiettore, che denuncia il disagio di dover affrontare un grande carico di lavoro e di incarichi, la mancanza di sostituzione del personale medico in casa di malattia, vacanza o pensione e la drastica diminuzione nel nostro paese di strutture che praticano l’aborto. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, si è ritenuta molto stupita dal ricorso e dai rimproveri del Comitato Europeo, e ha dichiarato che non vi è alcuna violazione al diritto della salute. La causa di tutto ricade allora, secondo il ricorso, nell’aumento dei medici obiettori, che presa coscienza della gravità dell’atto, si rifiutano di praticare le interruzioni di gravidanza nei nostri ospedali.
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