I medici le chiedono di scegliere la figlia da salvare: LEI SI RIFIUTA

I medici le dissero senza mezzi termini che la situazione era grave. Le gemelle che portava in grembo avevano poche possibilità di sopravvivere perché, condividendo lo stesso sacco amniotico e la stessa placenta, i cordoni ombelicali si sarebbero aggrovigliati a tal punto da limitare il flusso dell’ossigeno e delle sostanze nutritive.

Per sperare di salvarne almeno una avrebbe dovuto sopprimere l’altra con un aborto. Una prospettiva davanti alla quale Carmelle Hartgrove, 32 anni, non si è scomposta minimamente, ribattendo che la soluzione a quel problema, angoscioso e “impossibile”, in realtà era semplicissima: lei non avrebbe ucciso nessuna delle sue gemelle, sarebbe andata avanti nella gravidanza con tutte e due. Carmelle è stata irremovibile, e non ha neanche dovuto discuterne con il marito: lei e Steve, 36 anni, che avevano già due figli, Charlotte di 12 anni e Callum di 9, erano totalmente d’accordo, anche se i medici scuotevano la testa e davano loro solo un 30% di probabilità di portare a termine la gravidanza con successo. Loro sono andati avanti. E hanno vinto. Nel 2013, alla 32esima settimana, Carmelle ha partorito: oggi, a 20 mesi, Charis Faith and Connie Grace sono in splendide condizioni di salute. Anche loro con un nome che inizia per “C”, come i loro fratelli e come la madre. E un qualcosa in più: Faith, che significa fede, Grace, che vuol dire grazia: il loro personale sigillo di una battaglia vinta.  «Le guardo tutte e due e penso che sono due miracoli – dice oggi Carmelle – La nostra non è stata una decisione difficile: una probabilità del 30% per me era sufficiente. Come avrei potuto scegliere una delle due? Per il resto della mia vita avrei guardato la gemella sopravvissuta pensando che per salvarla avevo ucciso l’altra. Con Steve non abbiamo neanche discusso la questione: eravamo assolutamente uniti».  Steve fa il camionista, lei è responsabile delle risorse umane. Durante tutta la gravidanza Carmelle ha convissuto con l’angoscia che le bimbe non arrivassero al termine della gravidanza. «Non potevo sopportare l’idea di dover dire alle persone che avevo perso le bimbe, quindi fino alla 24esima settimana non ho detto a nessuno che ero incinta: mi sono nascosta, ho anche lavorato da casa. Ma tutto alla fine è stato ripagato, ed è stato meraviglioso. Compreso vedere, quando erano neonate, che dormivano rannicchiate l’una accanto all’altra come facevano nel mio grembo. Ora dormono in letti separati, ma la mattina si arrampicano l’una sulla culla dell’altra per stare insieme». Aveva ragione Carmelle: quelle bimbe non potevano esse
re separate. 

 

 

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